Il cimitero di viale Ariosto a Firenze è una delle principlai testimonianze del passato ebraico della città. Si tratta di un sito di difficile accesso, ma che merita senz’altro di essere maggiormente conosciuto.
Il cimitero, istituito nel 1777, veniva dopo altre aree sepolcrali oggi non più visibili. Un primo cimitero ebraico doveva esistere nei pressi del Chiasso dei Giudei (oggi via Ramaglianti), luogo in cui si concentrò la popolazione ebraica fino al 1571, data in cui fu istituito il ghetto nell’area dell’attuale piazza della Repubblica.
Un cimitero di epoca successiva era localizzato nei pressi dell’attuale piazza Piave; infine si sfruttò una lunghissima striscia di terra, al di fuori delle mura cittadine, che si estendeva da Porta Romana fin quasi all’Arno.
Solo dalla fine del Settecento fu utilizzato dunque il cimitero di viale Ariosto, che rimase attivo fino al 1870 e venne poi sostituito da quello di Rifredi di via Caciolle, realizzato tra il 1881 e il 1884 da Marco Treves.
Nel 1941, in piena epoca fascista, una parte dell’area sepolcrale – quella che conteneva le tombe più antiche – venne espropriata per realizzare una casa dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia. Attualmente vi sorge una scuola.
Infine, nonostante fosse chiuso da tempo, nel 1944 il cimitero accolse il corpo di Vera Bolaffio, una ragazza morta nei giorni della liberazione di Firenze, poichè il cimitero di Caciolle ricadeva nella parte ancora occupata dai tedeschi.
Nel tempo purtroppo il cimitero ha subito un pesante degrado e molte pietre tombali si sono danneggiate gravemente, alcune quasi sbriciolate. Da alcuni anni si sta tentando una paziente opera di restauro e conservaziione di questa preziosa testimonianza del passato di Firenze.
Il periodo di utilizzo del cimitero coincide con la fase di piena integrazione della comunità ebraica nel tessuto cittadino e infatti i monumenti funebri rispecchiano questa spinta. Sono poco presenti i classici simboli ebraici, mentre si nota un largo uso di simboli “trasversali”, che si trovano anche nei cimiteri cristiani dell’epoca, come le clessidre alate a rispecchiare la fugacità del tempo, le fiaccole rovesciate a simboleggiare la morte, le cornucopie a richiamare la prosperità ecc.
Sono però riconoscibili il simbolo delle mani benedicenti, che contrassegna le tombe dei Cohen, e quello delle caraffe che versano liquidi, riferite ai leviti.
Sebbene l’uso ebraico vieti le rappresentazioni figurate e le tombe sfarzose, in realtà nel cimitero si notano alcune deroghe. Ecco dunque alcune tombe che riproducono arche funebri coperte da pesanti drappi. O tempietti sorretti da colonne.
Ugualmente insolita è la rappresentazione di urne cinerarie. L’incinerazione è infatti estranea al culto ebraico, e la loro presenza è semmai da intendere come richiamo a simboli funerari trasversali, di foscoliana memoria.
Spiccano poi alcune tombe monumentali. Di forme originali è la tomba della famiglia Franchetti, con volta a botte coperta da un motivo a scaglie di pesce.
Infine, va segnalata la piramide di David Levi, la personalità grazie al cui lascito fu costruita la grande sinagoga.
Vi consiglio comunque di dare un’occhiata anche alle tombe minori, di soffermarvi sui particolari delle lapidi e anche di passeggiare tra i cipressi.
Il cimitero è visitabile solo su prenotazione o in occasioni particolari. Ma è un angolo poco conosciuto di Firenze che vale davvero la pena di scoprire.